Wednesday, September 28, 2005

talete

Talete(Mileto 626 ca. - 548 ca. a.C.), in stretta aderenza alla interpretazione del “metafisico” Aristotele, nella tradizione assume ruolo da protagonista indiscusso, non solo nell’ambito strettamente filosofico. Infatti Talete era una figura popolare nella cultura greca delle faticose origini, e il suo nome variamente collegato a una serie di imprese degne del dio Hermes che ne fanno quasi un eroe, oltre che del pensiero, della scienza e della tecnica. L’alone leggendario che ne circonda la figura e l’opera lo individuacome uno dei sette sapienti, anzi, come il più savio di loro (cfr. Diogene Laerzio, Le vite dei filosofi, I, 28-33). Personaggio poliedrico, spirito razionale e nello stesso tempo contemplativo, il suo operato lasciò un segno importante all’interno di una lunga teoria di fonti documentarie indirette. Erodoto parla di Talete come di un abile consigliere militare del mitico Creso (Le Storie, I, 75) o come organizzatore di un’alleanza in funzione antipersiana. Aristotele ce lo presenta quale esperto di crematistica - l’arte di procurarsi creativamente ricchezza economica - ma il suo profilo si precisa in relazione alla filosofia della physis (natura), della quale va considerato l’iniziatore più accreditato. Alla base del suo pensiero riconosciamo una visione del mondo compiutamente filosofica: ormai non c’è più spazio di manovra per una prospettiva mitica nella quale, sulla scorta di arcaiche teogonie indoeuropee, una o più divinità decidano, a un certo punto (che non è nel tempo né in nessun luogo) di creare - alla maniera in cui un artigiano della creta modella un vaso o un qualsiasi recipiente - il mondo come oggetto dei suoi sconvolgenti divertimenti infantili. Per Talete il pluralismo degli dei, quasi un'olimpica corte dei miracoli, non ha più ragion d’essere, nel senso che alla molteplicità confusamente organizzata dei theòi (gli dei) succede il monismo trasformistico dell’archè-theos (il fondamento-dio o viceversa). L’origine non fantastica del mondo si deve alla trasformazione di una semplice sostanza naturale, potenzialmente in grado di dare “principio” (archè) all’universo e farsi, in prospettiva ilozoistica, “dio” (theòs) : si tratta dell’elemento-acqua. Nonostante sembri alquanto ingenua, la teoria dell’acqua come archè delle diverse cose che costituiscono il mondo, non è priva di una sua coerenza, logica e razionalità, in quanto anche per la scienza moderna l’acqua assolve una pluralità di ruoli biologici, fisici e chimici veramente importanti. Gran parte del corpo umano è composto di acqua, e a livello planetario la mole di acque è molto superiore alle terre emerse. Inoltre, la nascita della vita è sempre collegata all’elemento liquido, all’umidità. Lo stesso Aristotele giustifica così la concezione del filosofo di Mileto: Tuttavia, questi filosofi non sono tutti d’accordo circa il numero e la specie di un tale principio. Talete, iniziatore di questo tipo di filosofia, dice che quel principio [l’archè o primordio] è l’acqua (per questo afferma anche che la terra galleggia sull’acqua), desumendo indubbiamente questa sua convinzione dalla costatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido, e che perfino il caldo si genera dall’umido e vive nell’umido. Ora, ciò da cui tutte le cose si generano è, appunto, il principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo e inoltre dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida, e l’acqua è il principio della natura delle cose umide1”.
L'ipotesi di Talete non solo è accolta come positiva, in quanto contiene al suo interno una prima anticipazione, per quanto vaga e confusa, della causa più povera di tutte, quella materiale, ma anche perché assicura un principio coerente e razionale alla genesi del mondo, un Motore Immobile fragile, etereo, inconsistente nella sua liquida vacillazione, e tuttavia pur sempre un agente creativo che vincola l'essere ad essere, a muoversi in un ambito di attualizzazione e non di pura potenzialità, in questo superando la prospettiva arcaica, dove il reale era sviluppo dell'ideale, il concreto proiezione del fantastico e del possibile, in una dimensione generatrice di miti e realizzatrice di spurie leggende. Aristotele è al corrente di questa visione, antesignana della demitizzazione sofistica prima e socratica poi, ma la integra, rilevando analogie con il punto di vista mitologico, che viene altresì rovesciato nella posizione taletica. Nel rovesciamento e nella demolizione del mitico qualcosa rimane, nella metamorfosi del concetto, che eredita da altre metamorfosi fantastico-virtuali. Aristotele, conscio dei nuovi valori proposti dal primo maestro della Scuola Ionica, risale tuttavia al substrato visionario che li rende possibili in una veste particolare, filosofico-speculativa invece di: poetico-mitopoietico. È bene qui riferirsi alla potenza argomentativa dello Stagirita, nel momento in cui riporta le origini del filosofico ad una precedente fase archetipica, onirica e mitica: Ci sono, poi, alcuni i quali credono che anche gli antichissimi che per primi hanno trattato degli dei, molto prima della presente generazione, abbiano avuto questa stessa concezione della realtà naturale. Infatti, posero Oceano e Teti come autori della generazione delle cose, e dissero che ciò su cui gli dei giurano è l'acqua, la quale da essi vien chiamata Stige2. L'interpretazione di Aristotele sembra voler privilegiare una parentela piuttosto scomoda, a giudicare l'impressione prevalente nella storiografia filosofica, con il mythos, che aveva a che fare con gli elementi e che accorda un certo rilievo all'acqua, all'elemento liquido e all'umidità. Dalla relazione tra Oceano e Teti, cioè dalla confusione simbiotica di acqua e terra, scaturisce la generazione delle cose. Entro le linee di questa leggenda affiora un corrispettivo non filosofico della teoria di Talete, che però supera il tròpos arcaico con un collegamento più scoperto con l'esperienza concreta dell'uomo nella natura, la natura come physis, e quindi scrittura originaria vivente che galleggia sull'elemento-acqua, quasi nave occulta destinata al trasporto dell'universo come summa delle diverse cose che lo definiscono, lo determinano, lo strutturano. Affascinato per le stesse ragioni dall'elemento-acqua, il filosofo di Mileto visitò a più riprese l'Egitto. E in questi viaggi restò meravigliato nell'osservare le piene stagionali del Nilo, che rendevano verdi fertili e lussureggianti vaste estensioni di territorio in gran parte desertico, o incolto, al punto da considerare l'acqua - nella nuance di qualsiasi materiale liquido - come la matrice originaria della vita in tutte le sue differenti forme. Così facendo Talete getta le basi della fisica come scienza filosofica, e nello stesso tempo va oltre la fondazione di essa. La teorizzazione dell'archè, infatti, ci pone di fronte al tentativo di dare unità speculativa e concettuale al reale, quasi una legge o una chiave di volta necessaria a penetrare l'universo, a scardinarne i meccanismi più reconditi e più difficili non già da capire, in una prospettiva premoderna o moderna, ma da intendere e comprendere secondo un ordinamento razionale. Esiste quindi una filiazione della filosofia dalla fisica come scienza del problema-natura e dell'intrico cosmologico in Talete; tuttavia questa genesi dello scienza filosofica, che in Talete dipende e si conforma alla genesi della scienza fisica senza che possano riconoscersi separatamente e distinguersi chiaramente, può comunque permettere (implicare) la ricerca di altre forme di sapere originario, universale e sperimentale. È il caso della geometria, che era conosciuta ed apprezzata nel mondo antico, specialmente in Egitto e nel Medio Oriente, ma dove vi svolgeva un ruolo prassico-concreto, in nessun modo collegato ad una astrazione e sublimazione nel pensiero, nel processo della razionalità non empirica. Talete, che trasse il suo interesse per la geometria e le matematiche dal contatto con le genti del Nilo e della Mesopotamia, sviluppò proprio le basi di queste scienze inglobandole nella più ampia riflessione filosofica. Nel paragrafo successivo vedremo di quale entità è il contributo di Talete alla storia e alla teoria della matematica, e in che modo questo contributo ha influenzato la filosofia delle origini. Talete "genio" matematico ma non solo Analizzando le idee di Talete si ha la sensazione di avere a che fare con un pensiero globale, quasi completamente focalizzato sulla creazione di un pensiero filosofico unitario, coerente e di conseguenza non molto duttile. Tuttavia il genio e l'ingegno taletico non ama specializzarsi esclusivamente a quell'indirizzo di ricerca che Pitagora battezzò stupendamente col nome di phylosophìa, o forse è meglio dire che il suo concetto di filosofia era talmente impreciso (vasto) da sconfinare in altri ambiti disciplinari, come per exemplum nella geometria, materia in cui realizzò importanti scoperte. Nel Commento al primo libro degli Elementi di Euclide (157,250-251, 299, 352) Proclo assegna al mitico Talete diversi teoremi di carattere geometrico. In particolare, viene attribuito al Milesio un metodo che permetteva di misurare l'altezza alle piramidi, determinandone con facilità l'ombra quando questa è pari all'altezza della figura che la proietta (Plutarco, Convivio dei sette sapienti; Plinio, Historia naturalis). Questo metodo sembra anticipare il celebre teorema delle proiezioni, per il quale, avendo base, spigolo e coseno dell'angolo d'inclinazione è possibile misurare l'altezza. È evidente che Talete sia pervenuto autonomamente, senza conoscere affatto il concetto matematico di coseno, a scoprire e mettere in pratica il teorema delle proiezioni. Altra grande intuizione di Talete sembra essere il teorema omonimo, secondo il quale due rette complementari intercettano su un sistema di rette parallele del loro piano segmenti tali che quelli corrispondenti hanno lunghezze in proporzione. Dal punto di vista matematico, la testimonianza di Giamblico getta luce sulla brillantezza d'idee del Milesio, nel momento in cui quest'ultimo concepisce il numero come un sistema di unità, anticipando così l'aritmogeometria di Pitagora e dei suoi epigoni. Inoltre, per un allievo di Aristotele, Eudemo, Talete si impegnò con tutte le sue forze per ottenere calcoli "universalissimi". Attraverso l'universalizzazione di concetti matematici va colta quindi la volontà di fondare lo speculativo su basi non speculative, di fare filosofia sviluppando le premesse della geometria. Come accennato, il filosofo di Mileto fu in contatto con le civiltà egizie e mediorientali, e da queste derivò un certo interesse, oltre che per il problema cosmologico, anche per l'astronomia. Nella interpretazione taletica l'universo è visto come una enorme semisfera ricolma di aria. La parte concava della semisfera è sovrastata dal cielo, quella piatta inferiore è occupata dalla terra che galleggia come una foglia sulla superficie di un corso d'acqua. Talete, padre presunto e sempre presumibile della filosofia, può essere assunto a simbolo e cifra del pensatore eclettico, che rinuncia all'ideale dell'atomismo intellettuale, rinuncia cioè a concentrarsi su un solo cotè del sapere, per confrontarsi di volta in volta con un differente ambito euristico, di ricerca filosofica sperimentale. Intesa in questo senso, la metodica euristica inaugurata da Talete rappresenta la via maestra della ricerca filosofica, nella quale il teoreta sceglie liberamente il suo campo di studio, sviluppando una o più teorie movendo da spunti che trova in sé stesso, nella propria motivazione e cultura di origine. Influenzato dal suo maestro, di cui era forse parente (più esattamente nipote), Anassimandro proseguì l'ottica di Talete in una direzione diversa e per certi versi più evoluta; soprattutto è considerato l'autore del primo testo filosofico che si conosca suo trattato Perì phýseos (Sulla natura), e, non ostante se ne possa leggere solo un frammento, può essere ricordato come il primo pensatore-scrittore, il primo creatore di filosofia come e in quanto genere letterario - in una nuance forse assimilabile al Testualismo novecentesco ed alle sue brillanti decostruzioni, interpretazioni, narrazioni.

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