Thursday, September 29, 2005

Federico Zuccari

[Sant’Angelo in Vado 1340/1341 - Ancona 1609]. Giunto a Roma nel 1550, Federico compi il tirocinio presso il fratello Taddeo e nell’ambito di alcune delle numerose opere da questi intraprese nell’inoltrarsi di quel decennio fece i suoi esordi (Appartamento Carafa nei Palazzi Vaticani, 1556; Orvieto, Duomo, 1559; Bracciano, Castello Orsini). L’arduo problema di distinguere in questa fase la personalità del giovane Federico da quella prorompente del fratello, cui essa si improntava pienamente, è stato affrontato soprattutto negli studi sulla grafica dei due artisti. La prima opera interamente eseguita da Zuccari alla fine del decennio è la decorazione esterna della casa di Tizio da Spoleto presso la chiesa di Sant’Eustachio. Negli affreschi con le Storie di sant’Eustachio recentemente restaurati e nei disegni preparatori si può vedere l’avvio del percorso di Zuccari verso uno stile autonomo accanto alla costante presenza di Taddeo, con il quale continua a collaborare (Storie della Vergine, 1561, Santa Maria dell’Orto). Partecipò poi, in una équipe in cui figuravano fra gli altri il Barocci e Santi di Tito, agli affreschi del Casino di Pio IV° e di alcune stanze del Belvedere (Storie di Mose, 1501-63). Una importante occasione di accrescimento fu un viaggio a Venezia, dove si recò per completare la decorazione della cappella del Cardinal Grimani in San Francesco della Vigna (Adorazione dei Magi, 1564). Durante questo soggiorno lavorò anche nel Palazzo Grimani e in una villa fra Chioggia e Monselice; strinse amicizia con il Palladio, con il quale collaborò. Dopo aver viaggiato nell’Italia settentrionale si fermò a Firenze, dove collaborò agli apparati per l’arrivo di Giovanna d’Austria e per la rappresentazione della Cofonaria dipinse il sipario con una Caccia (1565, modello agli Uffizi). Tornato a Roma nel 1566 è subito impegnato negli affreschi della villa del cardinale Ippolito d’Este a Tivoli; alla improvvisa scomparsa del fratello riuscì a ottenere l’incarico di portarne a termine le opere a Trinità dei Monti, San Marcello al Corso, San Lorenzo in Damaso, nella Sala Regia e nei Palazzi Farnese di Roma e di Caprarola (1566-69). È in questi anni che Federico matura un più distaccato atteggiamento nei confronti del modello stilistico di Taddeo, che pure resta la figura guida in ogni campo della sua attività, distillandone una sorta di codice che ne favori la diffusione. Le due grandi pale per il Duomo di Orvieto; le Storie di Santa Caterina in Santa Caterina dei Funari (1572) e la Flagellazione nell’Oratorio del Gonfalone (1573) sono fra le opere più rappresentative degli anni che precedono un nuovo soggiorno a Firenze, questa volta per un incarico di grande prestigio: scomparso Vasari, Zuccari gli succede per completare la decorazione a pala di Santa Maria del Fiore. che in occasione del recente restauro è stata approfonditamente riesaminata. Nel 1574-75, intanto, aveva compiuto un viaggio in Francia, nelle Fiandre, in Inghilterra, dove dipinge anche un ritratto di Elisabetta I° e ammira le opere di Holbein. Di nuovo a Roma nel 1580, lavora in Vaticano nella Cappella Paolina (ancora incompiuta nel 1585 e dipinge per Santa Maria del Baraccano a Bologna la Processione di san Gregorio, oggetto di aspre critiche nell’ambiente artistico bolognese, cui l’artista risponde con il dipinto satirico della Porta Virtutis gli costa il bando dallo Stato della Chiesa. Non è la sola occasione in cui Zuccari reagì nuche con opere satiriche, alcune divulgate dalle incisioni; la Calunnia nacque dai contrasti con il Farnese durante il lavoro a Caprarola il Lamento della Pittura come risposta alla critiche sorte dopo che furono scoperti gli affreschi del Duomo di Firenze. Nel 1582 Zuccari è a Venezia dove dipinge, in uno stimolante confronto con la pittura veneta, Federico Barbarossa e Alessandro III° per la Sala del Maggior Consiglio nel Palazzo Ducale; ottenuto il permesso di rientrare negli Stati della Chiesa, si reca a Loreto per decorare la cappella dei duchi di Urbino nella Basilica della Santa Casa. Le Storie della Vergine (1582-83) sono opere paradigmatiche di quella tendenza classicista fondata sull’esempio di Taddeo, che era emersa già da alcuni anni nello stile di Zuccari: semplici e solenni composizioni, ispirate a modelli raffaelleschi. in cui l’astrazione del disegno convive con accenti di naturalistica descrizione. Su questa strada Federico elabora uno stile che è il risultato di una complessa operazione di selezione e di Sintesi, in cui i modelli di primo Cinquecento agiscono sia in funzione della chiarezza e della semplificazione che del naturalismo. In questo senso la sua pittura può inserirsi in una linea di tendenza di riforma del manierismo che interessa altri centri italiani e che rispondeva anche alle nuove istanze dell’arte sacra sorte nel clima post-tridentino. Ancora impegnato nella Cappella Paolina in Vaticano, si imbarca per la Spagna dove, dopo Tibaldi e Cambiaso, lavora nell’Escorial (1585 - 1588). Nell’ultimo decennio del secolo si dedicò alla costruzione di una dimora sul Pincio, il palazzetto dalla famosa facciata con i mascheroni. La decorò con un ciclo di affreschi, in cui la glorificazione della propria famiglia si intreccia con quella dell’artista come «virtuoso». La difficile via alla virtù, la « moralità »dell’attività artistica, la dignità dell’insegnamento, il prestigio del ruolo sociale dell’artista, illustrati nel ciclo, sono temi fondamentali della sua concezione dell’arte. Agli anni tra la fine del secolo e gli inizi del successivo appartengono alcune opere in cui gli aspetti iconici e arcaicizzanti si accompagnano ad esiti tra i più felici delle sue qualità squisitamente pittoriche: gli affreschi della cappella degli Angeli nella chiesa del Gesù, quelli della cappella di San Giacinto in Santa Sabina (1600) e alcune opere nelle Marche fra le quali la Immacolata concezione (Pesaro, San Francesco) e la Madonna e santi e la famiglia Zuccari (1603: Sant’Angelo in Vado, Palazzo Comunale). Dal 1603 comincia quel viaggio nell’Italia settentrionale che si concluderà con la morte ad Ancona nel 1609, un viaggio di cui affreschi e pale d’altare segnano le tappe: Venezia, Pavia, Arona, Mantova, Torino, Bologna, Ferrara, Parma. Ne pubblicò una sorta di relazione, in forma di lettere agli amici, nel Passaggio per Italia con la dimora di Parma del Sig. Cavaliere Federico Zuccaro (1608). In questi anni, oltre alle pale d’altare (Cristo in trono e i santi Caterina, Catenna d’Alessandria, Lorenzo, Stefano e Cecilia per la chiesa del Corpus Domini a Bologna, oggi a Pesaro, alla Cassa di Risparmio) dipinse alcuni affreschi, come ad esempio quelli del Collegio Borromeo a Pavia e il perduto; grandioso ciclo della Genealogia dei Savoia, commissionatogli da Carlo Emanuele I° per la Galleria del Palazzo Reale (1606-1608, disegni al Louvre e in collezione. privata inglese). Zuccari fu la personalità più importante della pittura romana dell’ultimo quarto del Cinquecento e l’influenza della sua opera, disseminata in tutta la penisola e divulgata anche oltre i suoi confini dalle incisioni, fu più ampia di quella di ogni altro contemporaneo. Il suo stile, anche in quanto normalizzava il linguaggio manieristico romano ebbe una grande capacità di penetrazione. Federico ebbe un importante ruolo anche nello storia della formazione artistica. Era stato membro dell’Accademia del Disegno e a Roma promosse la rifondazione dell’Accademia di San Luca (1593) fulcro di un vasto quanto ambizioso progetto di riforme. Le teorie artistiche di Zuccari, già divulgate in opuscoli e in memoriali, ebbero una compiuta espressione nel trattato ‘L’idea de’ Pittori, Scultori et Architetti’, pubblicata a Torino nel 1607 in due libri. Egli non distingue, come Vasari, fra disegno e idea ma teorizza l’esistenza di un «disegno interno », che è il «concetto formato nella mente nostra per conoscere qual si voglia cosa», e di un «disegno esterno », «che altro non è, che quello circoscritto di forma, senza sostanza di corpo. Semplice lineamento, circonscrittione, misuratione, e figura di qualsivoglia cosa immaginata, e reale». Dunque il disegno interno è «un concetto della mente, neoplatonicamente desunto da un principio universale metafisico» (Grassi), categoria del conoscere che è all’origine sia del disegno artistico che di quello geometrico-matematico. Il concretarsi dell’opera d’arte dall’interno verso l’esterno è il fondamento della dignità intellettuale del lavoro artistico, idea che si ritrova in tutta l’opera di Federico Zuccari.

3 Comments:

Blogger Roberto Iza Valdés said...

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9:24 AM  
Blogger Roberto Iza Valdés said...

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Anonymous Anonymous said...

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