Wednesday, November 21, 2007

def poetry

A questo punto è inevitabile narrare alcuni fatti salienti dell’interrogatorio punitivo del presunto ladro di eroina. Importante rivelare il suo vero nome: Saulos, insieme alle sue origini probabili di ebreo ungherese. Tutto il dibattito si è svolto in lingua italiana. Mentre i gesti che sono stati compiuti sono nel linguaggio universale della violenza che permea questo pianeta, almeno da quando sono entrate in vigore le leggi darwiniane.
I due difensori, i bamboccioni biondo e moro, si chiamano Abele e Uriele, ma forse si tratta di pseudonimi artistici.
Tutto si è svolto dentro un capannone industriale abbandonato, con al centro una vasca da bagno collegata ad una tubatura che correva esternamente, ma senza scarico. In giro diversi monconi di bamboline, e questo fa pensare a che cosa fosse adibita quella fabbrichetta prima di dimettere.
Noi c’eravamo tutti, comprese le mogli, Ennio Doris e ovviamente Pusher, il più cattivo, quello coi rivoli di sangue che gli uscivano dai lati della bocca e che faceva intravedere i denti neri. E i due sgherri manzoniani dei quali possiamo rivelare i nomi D’Annunzio (quello juventino, peluria curata) e Tazzio (fotografo artistoide). Mia moglie si chiama Julia ma nell’intimità la chiamo Feluca e quando vengo Mary e la moglie del mio amico è Flavia e ha come nomi sessuali Romilia e Virginia, mentre il nome tenero è Criceta. E non manca il gruppo omogeneo Scaramella (dalle scarpe grosse e i piedi enfi e malati), Rocco Martino, dalla scomposta capigliatura da vecchio hippie e dalla dentiera mobile, con la quale non fa altro che giochicchiare estraendosela spesso e volentieri, e infine Igor Marini l’unico dei tre dall’aspetto normale, ma del quale è inevitabile notare l’abito sdrucito pur di alta sartoria. Tra di loro si passano alcune portate take-away di sushi: si sente che succhiano e ruttano, infine devono un vinello in cartone sbrodolandosi il mento e le punte dei piedi.
Saulos viene fatto mettere su di una sedia col torace appoggiato sullo schienale e legato con la mano destra al piede sinistro e viceversa. E’ a petto nudo, ma sotto mantiene i pantaloni. Per iniziare si becca tre frustate da Pusher, tanto per gradire. Ad un accenno di protesta di Uriele, pusher ci tiene a chiarire:
“Non siamo qui per fare dei complimenti. Creiamo un contesto, altrimenti finisce a susine e noci.”
Alcuni rimangono perplessi, Criceta sbuffa.
Ennio a questo punto si offre come garante, non si sa bene di cosa, io mi offro di redigere il verbale e chiedo a tutti di parlare lentamente, di scandire bene le parole e di guardare verso di me. Da questo momento tutti rispettano queste consegne, anche se l’effetto pare un poco innaturale.
Dice Saulos:
“Da tempo aspettavo questo momento. Lo aspettavo quasi con ansia. Finalmente i viene al dunque. Ci sono io e ci siete voi. Potreste fare tipo le orge massoniche con un mantello e delle ali nere per suggestionarmi o per dare della linfa vitale al vostro immaginario immaginifico tollerante rifugio dell'irrazionale contemplato in una fuga per luoghi che addensano di fascino della Londra vittoriana di Edgar Allan Poe e di Victor Serge...”
“Cosa?” Borbotta Julia, ma lui prosegue ispirato.
“ma poi ci ritrovavamo con i giornali in mano a leggere di Cesare Previti e di Isabella Gregoraci...”
L’infermiere in fretta e furia cerca di trovare qualche nesso:
“Poe era americano e Victor non risulta mai stato a Londra, era un rivoluzionario e fu ucciso da Vittorio vidali, incredibile agente di Stalin, amante dell’ineffabile Tina Modotti. Mi sa che confonda anche Previti con Briatore, temo si sia fatto qualche sostanza allucinogena, forse pelote.”
Saulos sembra sempre più in deliquio:
“la mia è una biografia semplice, fatta di avvenimenti da ragazzo… una vita fatta di stimoli della cultura di massa fra i quali il serial Greys Anatomy, il mio preferito. Una vicenda post-adolescenziale, frutto dei tempi cambiati. Soggetti sessualmente maturi che hanno a che fare con forme di scolarizzazione infinite fino ai trent’anni.Poi i commenti ai blog, notti intere al computer a comunicare nella forma diario-chiosa-epigramma. Decine di scrittori in passato chissà cosa avrebbero dato per disporre di un mezzo così avanzato e sofisticato e invece ora rischia di essere una gigantesca discarica di sciocchezze. Un giorno sono partito in macchina con i miei amici e sono andato diretto a San marino, talmente diretto che non mi sono fermato sotto le mura e nemmeno nella città medioevale, ho proseguito fino a raggiungere l’orlo estremo della rocca, a cinque centimetri dal baratro. Impossibile andare indietro in retromarcia, sconveniente proseguire, ho dovuto fare inversione a U in un fazzoletto con tutti i miei amici ululanti che però non hanno abbandonato la nave mentre affondava. Ci siamo salvati e ho iniziato lo studio della storia della Romania e delle architetture post-fasciste di Ceasescu...mesi di studio poi un pomeriggio sono andato in gita coi ragazzi della Roma bene fino in Finlandia e ci siamo abbandonati ubriachi nelle vie di Helsinki a cantare inni mino- reitaniani. Poi l’esperienza paramilitare sempre con quei ragazzi di destra col nostro immaginifico mantello nero e ali nere avremmo dato fuoco a tutte le puttanate dei sorci rossi, che cazzate, ma succede che uno s senta bene in un gruppo, che senta il caldo dell’appartenenza. Poi un bel giorno mi sono ritrovato solo, mi avevano abbandonato mentre giocavo a flipper in un bar della stazione e via… tic! Mi sono sdraiato sui binari e mi ha salvato il macchinista comunista che ha fatto in tempo a fermare la locomotiva e redarguirmi chiamandomi giovanotto. Mesi dopo conobbi sua figlia la quale in procinto dell’amore, dopo che avevo alluso al fatto che fosse una dea, lei mi lanciò la storica frase:”sono solo una cheerleader!” ma dopo che lei partì per il Congo (era dispiaciuta di lasciarmi ma aveva già preso l’impegno) io inizia a drogarmi con il Tramadolo. I miei curanti non lo sapevano e credevano che io fossi solo un depresso. Il grande tema della psicoterapia istituzionalizzata di gruppo...ci ritrovavamo con psicologi che non conoscevano il vero significato di psicopatia...incapaci di formulare la doppia diagnosi, associare la tossicodipendenza con un disturbo di personalità realmente preesistente, non frutto del bombardamento chimico o degli effetti del craving… professori che ordivano solo a livello sintomatologico ma che incapacitavano nella loro personale inefficenza esistenzial-berlusconeide...perimetri di stelle...spazi inflazionati...qualcuno ha cercato la salvezza nei porno prima-nei puttan tour dopo...ma poi era incapace di fissare un incontro con una prostituta...gli tremava la voce... molti hanno passato pomeriggi interi con i dubbi :"ci vado non ci vado...ci vado non ci vado...la chiamo non la chiamo...poi la chiamo lei mi risponde ma non mi viene fuori la voce...la chiamo e la voce mi trema tutta e mi si abbassa il tono… ed ecco che incomincia l’azione a catena che passo dopo passo mi trova ad eseguire il crimine…”
“Oh!” Dicono in diversi.
“Cosa ordivano? Cosa incapacitavano?” Chiede Criceta.
“Qualcuno è rimasto impietosito da questa triste storia?” chiede Pusher con enfasi istrionica.
“Veramente mi sembra una vicenda di italica lamentosità. Io stesso mi faccio con dosi da orsacchione antartico, ma non emetto tanti piagnistei. E’ la genetica, mio nonno era etilista, brutale e incestuoso, e io ne porto le conseguenze sul mio corpo. Ma lo faccio volentieri, con la giusta abnegazione.”
“Tu poi sei un bello sfigato.” Mi sento di aggiungere.
“Quest’uomo non è in grado di essere interrogato!” Esclama Uriele.
“Oh, ma no.” Corregge lui “Sono qua. Sono pronto. Avevo diritto alle premesse e non è detto che possa essere chiara a tutti. Ora risponderò alle domande.”
“Ma puoi anche avvalerti…” Dice Abele.
“Sentiamo i quesiti, purchè siano sinceri rispondo volentieri.”

Tuesday, November 20, 2007

sasate


Si parla di un armadio svuotato in maniera malandrina e poi eliminato del tutto. Chi ha compiuto questa azione sostiene che non è possibile fare una riunione per determinare cosa fare di un fottuto armadio che dava fastidio con la sua sola presenza. Altri dicono che era lì da anni e che poi tutto questo fastidio sarebbe emerso anche prima. Si fa anche notare che potrebbe tutto ciò essere una forma sfregio che pochi eletti farebbero nei confronti della massa dei diseredati, pochi eroici lavoratori indefessi contro il popolo bue dei pubblici lavoratori nullafacenti e imboscati.
Ma ciò che pare evidente è il carattere immanente e necessario del dibattito. Il comportamento di gruppo non può che essere interpretato in maniera psicoterapeutica. Si capisce dalla caparbia spinta all’eloquio degli astanti, serpenti a sonagli che devono pungere la rana loro malgrado, a costo di annegare. Non vi è alcun freno, nessuna possibilità di scelta, nessuna opzione, nessuno che potrebbe dire: ragazzi fermiamoci, parliamo un po’ di attualità, di sport, dell’andamento delle borse asiatiche. Bisogna buttare fuori tonnellate di stress collettivo accumulate, inscenare il travolgente psicodramma della danza rituale delle opinioni e dei cazzi propri camuffati da interessi comuni.
Seguono argomentazioni sui sindacalisti da votare, i quali non negoziano nulla, ma bisogna pure che in qualche modo siano rappresentativi, di cosa non si sa: della professione, delle idee politiche, dell’area geografica di origine. E poi dagli anche contro l’ipocrisia degli audit che nessuno sa che non controllano se nelle corsie passino o meno bestie feroci o puzzolenti, ma solo se vi è documentazione su un eventuale controllo dei flussi migratori di animali pedestri o volatili attraverso gli ambienti ospedalieri.
Alla fine tra lo scolarmi una bottiglia di sambuca e salutare cortesemente, scelgo la seconda.
Una certa gentilezza nel tratto non ha comunque occultato il fatto che il gesto, fin troppo repentino, ha anche un contenuto ingiurioso.
Stranamente l’infermiere e Cazzo Cazzaniga mi seguono. Ci immergiamo nella notte solita caotica. Un traffico dell’ostia. Non si sa dove vada tutta quella gente. Guida l’infermiere una berlina verdastra presa a prestito da chissà chi. Mi appisolo e sento i due che parlano di filmografia. L’uno cita “Romper Stomper”, un vecchio film di Skinheads con lettura di brani di Mein Kampf, fuga attraverso capannoni post-industriali parzialmente abitati con passaggi attraverso pertugi e botole, citazioni di Arancia Meccanica e situazioni alla Nabokov con un personaggio stile Lolita madre di tutte le vendette. I lettori di Mein Kampf, mi sembra che sia stato detto, sono lettori mono-volume. Non sarebbe un problema pubblicare quel libro se non fosse che per molti è l’unica lettura della loro triste esistenza. Altre boiate tipo Celine, Nietsche o Bret Easton Ellis girano facilmente per le librerie ma non c’è dubbio che possano restare letture univoche per il proprio pubblico.
Poi i due ciarlieri ciarlatani menzionano il mancato finale dei “Sopranos” dove intorno alla famigliola protagonista a cena in pizzeria si aggirano fior fior di gangster armati e pure agenti dell’FBI. Meadow, la promettente figlia del Boss Tony, ritarda il suo ingresso a causa di un parcheggio fallimentare, ma poi finisce. Ma è veramente finito? Non potranno certo tornare a riunire la troupe per girare altre due o tre puntate esplicative, forse le hanno già girate e non si sa. Ma forse è giusto così: la famiglia soprano riunita e in bilico tra la fine e un futuro promettente per i ragazzi, che era l’obiettivo di quel mago di James Gandolfini. Tragli smacchi più grossi c’è da segnalare quello della Dottoressa Jennifer Melfi, che scopre che la psicoterapia praticata ad un criminale non fa altro che rafforzare il suo comportamento anti-sociale.
Finalmente ci fermiamo e entriamo in un’altra abitazione privata. Ho sonno, o forse mi avevano drogato quindi gli avvenimenti che seguono sono piuttosto confusi, almeno nel mio ricordo. Nell’appartamento ci sono tre persone: una verosimilmente è la sorella della moglie di Cazzaniga, un altro è un bel biondino di trentasette anni, uno sceneggiatore della RAI che ha conosciuto Garinei e Giovannini, che ha una certa intesa sessuale con la donna, ma che ha sempre tenuto le mani al loro posto. Il terzo è un uomo sulla sessantina già ubriaco, che si esprime in prevalenza con gesti eseguiti con sicurezza ma piuttosto misteriosi.
Io mi sono stravacco su di un divano ad occhi chiusi. La discussione segue itinerari bizzarri. La donna:
“Prima i corsi sulla ricerca della felicità, oggi, nelle università americane, vanno diffondendosi i corsi anti-stress, per venire incontro agli studenti che più non ce la fanno a stare al passo dell´ipercompetizione che caratterizza lo studio, il rendimento, il successo, l´auotoaffermazione, che sono i valori che la cultura americana da sempre, ma oggi più che mai, va diffondendo. Quello che spaventa è che non sembrano esserci mezze misure: o sei adeguato a questo o ti tocca la povertà più nera. Non ci sono più occupazioni medie dove può bastare impiegare un po’ di intelligenza basata sul buonsenso e non sullo sbranamento reciproco.”
Lo sceneggiatore, come al solito, non si capisce se voglia contraddire la propria fidanzata o seguire il suo ragionamento e dice:
“Lo stress non è una malattia, ma il "sintomo" di una malattia, tipica di quelle società caratterizzate dall´iperefficienza e dalla performance spinta, dove il conflitto nevrotico non è, come nelle "società della disciplina", tra il permesso e il proibito, ma tra il possibile e l´impossibile, dove la domanda incalzante non è più: "Ho il diritto di compiere quest´azione?", ma "Sono in grado di compiere quest´azione?" “Sono in grado di stare sveglio tutta la notte per compilare la relazione che mi ha chiesto il mio capo?””
A questo punto cazzo Cazzaniga si dirige deciso verso un cassetto ed estrae un pistola a tamburo. La donna urla “Ah! Ah! Oh! Oh!”, l’anziano si mette le mani in faccia, lo sceneggiatore impallidisce e indietreggia. Io mi sveglio del tutto e osservo sbigottito. L’infermiere chiede con un filo di voce: “Cazzo, ma che cazzo fai?” Ma non fa in tempo a finire che quello ha già sparato due colpi al biondino autore, si saprà poi, anche di due puntate di “La squadra”. Due sassate secche e rumorose nel pieno della testa. La vittima crolla al suolo senza alcun vocalizzo, colpita in fronte e in mezzo ai denti. Intorno a lui il sangue si allarga come la pisciata di una grassa bambina dinanzi ad un orso.
La donna assume uno sguardo desolato, come per dire anche: lo sapevo. Il sessantenne fa alcuni gesti con le mani come per dire: calma regaz, calma. Io e l’infermiere ci guardiamo con aria interrogativa come per chiederci: e adesso questo pazzo proseguirà la strage? Ma lui assume un’aria come per dire: eh bè, mi è scappato, quello che è fatto è fatto. Nemmeno fosse stato sorpreso a mettersi le dita su per il naso.
Dice ora Cazzaniga: “Ora è meglio che io vada a casa. Voi due accompagnatemi.”
L’infermiere osa: “Lo dico così, col beneficio d’inventario… chiamare la polizia… no, non è il caso vero?”
Risponde la donna, pur turbata dalla recente vedovanza:
“Bè, casomai aspettiamo domattina. Magari io e Flavio diamo una riassettatina, tiriamo via qualche impronta. Poi pensiamo cosa dire. Voi andate pure.”
“Ah, bene” dico “perché in effetti, per quanto la cosa sia imbarazzante, io anche se ci sono le mie impronte… insomma… non mi sento di avere avuto un grosso ruolo nella faccenda.”
Cazzaniga mi guarda un attimo veramente seccato, ma si capisce che esclude a priori di sparare anche a me. Mi rispetta. Meno male.
“Sarà meglio che facciano loro.” Dice l’infermiere “Conoscono l’ambiente meglio di noi.”
“Ah sì, indubbiamente” convengo.
“Volete qualcosa da bere?” Chiede la donna.
“Oh no” Faccio io “C’è un bagno?”
“In fondo a destra”
Solito. Non si sa perché “in fondo a destra” detiene la frequenza di 80% contro il solo 20% di “in fondo a sinistra”. Forse dietro a questa c’è una ragione architettonica precisa, una motivazione legata alla posizione delle tubature di scarico rispetto all’asse dell’edificio e della posizione delle camere da letto. Fatto sta che proprio mentre sto uscendo si sente un potente trillata di campanello e questo basta per distrarmi al punto che finisca per mettere un piede nella pozza del sangue:
“Ma che cazzo fai?”
“Chi cazzo è?”
Vengo rimandato in bagno a rimediare e incomincio una pulizia assurda della suola per la quale impiego un rotolo intero di carta igienica che poi affogo nel cesso. Mi sono anche sporcato le mani di sangue, che mi lavo in maniera imperfetta finendo per sbaffare anche un asciugamano giallo. Quando esco vengo a sapere che aveva suonato per errore un pizzaiolo da asporto. Ma sono le tre di notte!
Finalmente io e l’infermiere accompagniamo a casa quell’animale. Durante il percorso l’aria è pesante. Prevale il silenzio. La tensione si taglia come un coltello rovente il burro fuso. Cazzaniga si da un contegno giocherellando con il tamburo della pistola. L’infermiere osa fare una domandina sulle motivazioni del fattaccio:
“Penso che quell’uomo ti avesse fatto un torto pesante… si sa è così… si rimugina, si prova a perdonare, ma poi il rancore riemerge.”
“Quello faceva il fighetto” Dice Cazzo “Non che mi avesse mai fatto nulla di male. Mi dava un po’ fastidio per come trattava la sorella di mia moglie. Non voleva che andasse con altri uomini. Il classico tipo gelosissimo. La controllava con telefonate senza preavviso.”
“Doveva preavvisare con una telefonata?” Ecco, giuro che questa domanda era meglio non farla, ma mi è scappata.
“Oh, su, il tuo amico mi giudica male.” Dice all’infermiere “Ma io sono fatto così. Sono impulsivo. Una volta ho salvato due ragazze. Le stavamo stuprando insieme ad un mio amico che adesso è in prigione in Ecuador. Intanto le tenevamo sotto mira. A me venne l’idea di obbligarle a strozzarsi da sole mentre noi facevamo i nostri porci bisogni si di loro. Ma non era una cosa grave e loro l’avevano capito. Non appena stringevano troppo evidentemente perdevano i sensi, nessuno è mai riuscito a strangolarsi da solo. Così, ripetuta due o tre volte questa manovra ci siamo sentiti soddisfatti e le abbiamo lasciate andare e la polizia non ci ha mai beccati. Lui l’hanno poi accusati dell’omicidio di tre nativi del rio delle amazzoni, tra cui uno nero, ma lui ne aveva ammazzati solo due ne sono sicuro, ma adesso poveretto sta scontando tre ergastoli.”
“Veramente sfortunato.”
Finalmente arriva a casa e sale dalla sua mogliettina. Si spera non prosegua la strage, ma non sembra vieppiù nervoso. Noi possiamo rientrare. Dopo quella del ladro di eroina, ci mancava un’altra notte movimentata.

Friday, November 16, 2007

la moglie


Mentre scendiamo tutte le ragazze, spiritosamente, ci salutano sventolando fazzoletti bianchi macchiati di rosso scuro.
Ed ecco che si accinge al nostro cospetto il già mitico Cazzo Cazzaniga. Naso aquilino, lentiggini, denti larghi e separati, forse non proprio trentadue, forse ventisei o ventiquattro. Pare siano comunque numero pari.
Si guardano con l’infermiere di sottecchi, come due che non si vedono da un paio di anni. Un po’ si fanno ribrezzo l’un l’altro.
“come vanno le tue faccende giudiziarie?” chiede Cazzo all’infermiere.
“Oh, niente di che. Verrò processato, ma non mi pare un problema.”
“Processato?” Mi inserisco io “Non sapevo nulla.”
“Oh ma non è nulla di grave. Sono rimasto coinvolto in una situazione di mala-sanità. La morte di un certo Quadretti. Un paziente disturbato di mente che è deceduto di polmonite. Il fatto è che non si capiva in che misura era picchiatello e in che misura stava male. Così i medici hanno fatto casino. E’ morto per polmonite fulminante. Stava male, non ossigenava, è tipico che gli svantaggiati subiscano queste sottovalutazioni. La statistica non sbaglia: handicappati, anziani, membri di minoranze. Ma io non c’entro, non ho colpe, sono stato coinvolto d’ufficio. Ero presente e anzi mi sono impegnato ad avvertire il medico in continuazione, il quale nicchiava, fingeva indifferenza. Molto si gioca proprio su questo sull’equivoco sapere-non sapere della sintomatologia. Finché non compare nulla di scritto si può considerare che non stia succedendo nulla, specie se poi il paziente muore e quindi non può raccontare. Se invece sopravvive in qualche modo sarà molto grato al medico che lo ha miracolato. Molto si gioca in questo terreno oscuro della pseudo conoscenza o delle presunte abilità del guaritore, sia esso-egli padre Pio o un oscuro beccaio di provincia. Non con questo che non sia giusto processarmi. Lo ritengo doveroso, non solo rispetto a quanto avvenuto ma anche in generale. Ogni uomo dovrebbe essere processato una volta nella vita indipendentemente dalla colpa. E’ un fatto salutare, specie se si pensa di essere innocenti. Nessuno lo è, nessuno pensa di esserlo prima di essere messo alla sbarra. Bisogna stare molto attenti a non sporcarsi le mani, c’è sempre il rischio di venire scoperti. L’accusato dovrebbe presentarsi dinanzi alla corte con abito a righe e cappellino rotondo, possibilmente senza dentiera.”
Cazzaniga ora pare piuttosto incantato, ha anche una leggera caduta della mandibola. Ci porta dalla moglie, un pezzettone di figa inconsapevole, una che è impossibile che la sappia vendere, ma che la dà molto volentieri. Ha un accappatoio blu sbiadito piuttosto spugnoso e pesante, la sottoveste e calze color carne piene di smagliature con giarrettiere e improponibili mutande della nonna. Ci offre qualche dolciume congelato e un liquame alcolico dall’aspetto petrolifero. Sul divano ci sono due bambini, un maschio e una femmina, assolutamente inerti. Ci guardano con i loro occhioni vitrei e non parlano. Reggono lo sguardo negli occhi con notevole ostinazione e solo per questo si può escludere che siano artistici. Non pare abbiano alcuna voglia di giocare. Per la casa ci sono svariate decine di soprammobili souvenir di località balneari: Riccione, Urgada, Porto Empedocle. Dice la moglie Cazzaniga:

“Ho un vuoto allucinante nel cervello, avrei mille cose da dire e da sfogare ma non riesco a fare ordine, non riesco a mettere i pensieri nei propri tasselli, non riesco a fare uno schema logico e razionale della situazione. Quando mi viene da piangere mi si fermano le lacrime agli occhi. Mi sarò fatta interamente due pianti, il resto tutto a metà. Non ho nemmeno fumato tanto. Ieri zero assoluto, oggi tre sigarette di cui una consumata con Betta ai giardinetti dello sporting club, a pochi metri dalla scritta PERICOLO DI MORTE. Se sentite di una palestra, esattamente la “Gigi Sforza e i suoi bigotti”, scoppiata per colpa di due deficienti che fumano vicino ai macchinari, e vi vengono a chiedere se mi conoscevate dite semplicemente che ero una brava e santa ragazza.”
“Ah, vai in palestra?” Chiede l’infermiere.
“Sì, faccio cyclette e quel macchinario che si chiama adductor, per rinforzare i muscoli interni delle cosce. Poi li sperimento su mio marito. Gli faccio una stretta mortale e gli impediscono di andarsene dal letto.”
“Oh povero” Faccio io tanto per dar aria alla bocca.
“E’ una bastarda” Dice Cazzo “fa finta di dormire e quando io faccio due passi ecco che mi abbranca. Mi stringe e mi bacia, come fossi il suo pupazzo.”
“Oh, piacerebbe a me essere al tuo posto. Una mogliettina così!”
In effetti non è male. Ha un bel seno e occhi penetranti anche se un po’ opacizzati dal Valium. Sarebbe una tipica MILF (mother I’d like to fuck) con quell’eccesso di testosterone che le darebbe anche quel pelo di impudenza in più, se solo non fosse così imperlata… ora mi dice in un orecchio: ”Tutti mi dicono che non è una dramma, però quando ci passano loro, è tutto una tragedia..Domani mi compro il pacchetto da dieci delle Chesterfield Blu e me ne sparerò parecchie, visto e considerando che mio marito Cazzo-Cazzaniga starà fuori per todo il giorno. Comunque a breve avrò il mio numero di telefono privato, e potrò scambiare gli sms senza che mio marito se ne accorga. ”
“Ma hai delle storie?” Oso chiederle mentre il marito sta tornando nei paraggi.
“E’ che mi manca la concezione di storia, vero Franco?” chiede a Cazzo Cazzaniga “Non pensi che io non abbia dei problemi nei miei rapporti?”
“Bah” risponde il marito “Il fatto è che lei quando ha una relazione extraconiugale la colloca in una certa posizione gerarchica, ad esempio dopo di me, dopo i figli, dopo il lavoro e dopo la palestra e poi riformula questa graduatoria tutti i giorni ed è inevitabile che il pretendente rimanga a bocca asciutta perché qualche piccolo avvenimento che riguarda le priorità c’è sempre. A volte i bambini col raffreddore o un’ora di straordinario richiesta dal capo-ufficio. Se vedo che ha qualche appuntamento a me basta inventare una qualche scusa, anche mandarla a fare la spesa che ecco che salto di nuovo in vetta alla classifica. In genere i bidoni che infligge a questi amanti sono letali per il rapporto. Loro si incazzano, a volte la picchiano e lei vorrebbe che io intervenissi, ma mi sembra eccessivo.”
“Questo non succederebbe se avesse un tipo di organizzazione su base settimanale invece che quotidiana.” Commenta argutamente l’infermiere. La moglie Cazzaniga prosegue con le sue deliranti argomentazioni:
“Ma quante stronzate sto sparando per non pensare, per non sentire l'angoscia che mi divora lo stomaco? Oggi ho cagato troppo, sono stata emotivamente troppo male, e a spinning per via di quel fottutissimo stiramento nemmeno ho fatto la lezione per intero, mi girava troppo la testa e il Dio dell’induismo non era con me. Nessuno di loro, sebbene sia un politeismo sterminato e perfetto, un terreno di tolleranza assoluta. Poi dicono che la gente bestemmia, ma Osiride mi ha tradito e questo mi fa mi rodere troppo il culo e questo mi sembra lo sfogo di una 15enne. Oddio sto sclerando... mi servirebbe una sigaretta per rilassarmi... la camomilla per me che ho preso psicofarmaci a go go, Valium come se piovesse, è acqua colorata e saporita. Una sigaretta, un personale o una gran bella scopata... io vorrei la terza, ma uno ho il ciclo, due sono in crisi con un ragazzo...lui direbbe che stiamo alle patatine fritte. Mercoledì lo vedrò, e non nascondo che ho una voglia matta di stringermelo tra le gambe e spappolarlo tutto. Non nascondo la fottuta voglia che ho di lui, del suo stile da signorotto di campagna, ma non posso nemmeno nascondere quanto sia stanca e incazzata dei suoi modi da 15enne,o forse sono modi normali da 18enne e sono io che dopo due storie con ultratrentenni ed eccessive seghe mentali ai 18enni gli faccio da mammà? Probabilmente ho sbagliato a correre così tanto, temo di essermi illusa un po'... temo che per dimenticare il passato abbia corso e mi sia aggrappata a una speranza che non c'è, temo di aver sopravvalutato troppo lui e questa storia. Temo di farmi troppe seghe mentali e farei molto bene a masturbarmi e mettermi a dormire.”
“mamma, guarda che noi dobbiamo ancora cenare” dice la bambinella femmina.
“Oh, posso preparare io.” Dice Cazzaniga “lasciate che la mamma riposi.”
“Altrimenti potremmo preparare noi una bella pasta all’amatriciana” Azzarda l’infermiere coinvolgendomi in questa insensata iniziativa.
“Ma non se ne parla neanche.” Dice il maschietto “Vogliamo gli hamburger”
“Ma ragazzi, ci penso io” dice lei, poi si rivolge verso di noi “Domani finalmente convalido l'iscrizione ad un corso di scultura con materie plastiche, finalmente vado a pagare quella merda di bollettino. Finalmente inizio il mio percorso da artista, come quel pezzaccio di merda rotto in culo di Paolo che se non si fa sentire lo azzoppo.Tanto per restare in tema di migliori amici stronzi rotti in culo stanotte ho sognato che mi sposavo con un pittore umbro, il Perugino o il Pinturicchio. Mi abbracciava, mi stringeva, mi dava i baci sulle guance. Mi ricordo come mi baciava le guance e come sorrideva al pensiero che potessi fargli da modella. Ma l’idea di fargli da madonnina mi faceva incazzare, sembrava che così mi togliesse le mie doti di donna reale Gli occhi dovevo averli come pareva a lui e li sceglieva dentro una ciotola pieni di occhi di diversi colori, con pure tutti i filamenti attaccati, compreso il nervo ottico. Ora che ho finito di sclerare i cazzacci miei vado a masturbarmi e poi a dormire... domani altra totale giornata di apatia...e mercoledì il grande giorno... tifate por moi.”
“Bè ragazzi…” dice Cazzaniga “non vorrei vi faceste una cattiva impressione. E’ una brava ragazza e ha tirato su benissimo questi due bambini, vedete come sono bravi?”
“Sì papà, siamo bravi ma abbiamo fame. Se cuoci gli hamburger poi andiamo a letto anche noi.” Dice il maschietto e la femmina aggiunge rivolta a noi:
“Il fatto è che la mamma non riesce mai ad uscire con gli uomini. In tanti ci provano, ma alla fine non succede mai nulla. Uno a volta ci portò a Mirabilandia. Il fatto che il papà sembra buono, invece la controlla. La mamma avrebbe più bisogno di divertimento.”
“Cosa ne pensate di questi due come zietti?” Chiede Cazzaniga, mentre l’infermiere improvvisamente si spazientisce, saluta e via che andiamo.
Ci immergiamo nel traffico, telefoniamo a destra e a sinistra, a Igor Marini, a Scaramella e al nostro amico esultante nel pieno picco di una dose di coca così come non ce n’era da almeno dieci anni.
Passano i minuti e pure le ore.Verso sera commetto l’errore di seguire l’infermiere ad un ritrovo di suoi simili. Mi presenta ad un paio di ragazzette piuttosto provate. Gente che soffre, si vede subito, che non mangia e non dorme mai alla stessa ora. Il ritrovo degli infermieri è preoccupante, lo è assai. Si susseguono i rituali. Il primo è quello del cibo, e non è innocente. Specie le ciotole di noccioline, di arachidi, cereali rinsecchiti, pinoli, mandorle. Girano bottiglie etichettate di vino rosso, si parla di vino novello e la qualità è infima, trattasi di vino ai limiti del grottesco. Si passa poi al rituale della narrazione aneddotica sull’ambiente di lavoro. Eventi che smascherano qualche comportamento ineducato della solita dottoressa tonta e carina, anche se per certi pare pure raccapricciante. Par che solo per la professione medica valga il politicamente scorretto delle donne nettamente più incapaci degli uomini, al di là della decenza di qualsiasi media matematica parzialmente riparatrice. La terza fase è la più insopportabile: il gruppo di infermieri subisce il definitivo scadimento sociale fino a livelli da canile. Un cane che abbaia in fondo dice: eccomi qua, sono il tuo simpatico cagnetto, esisto e sono persino ubbidiente! A parte l’ubbidienza spesso il discorrere umano, a prescindere dalle tematiche, ha gli stessi contenuti. Tutti parlano per frasi smozzicate con tono progressivamente più alto, nessuno ascolta, salta ogni benché minimo turno di conversazione. A questo punto non si può nemmeno escludere che qualcuno parli in dialetto napoletano nonostante gli altri non lo siano. Siamo alla bagarre De Filippi. Ci si domanda se un tempo esistessero tali aberrazioni. I geroglifici egizi non sembra ne parlino, il romanzo borghese anglo-sassone, forse perché borghese (soggetti educati, inappetenti) forse perché romanzo (bisogna narrare i dialoghi rilevanti, non le fasi confusionarie) forse perché british style, non ne parla. Nelle nostre campagne pare esistesse il filòs, un genere di chiacchiericcio collettivo femminile, di cicaleccio un po’ pettegolo che però non pare prevedesse momenti di particolare concitazione, anche questo difficilmente paragonabile a simili marasmatici eccessi della forma dialettica. Questo casino pare si presenti anche in corso di riunioni di lavoro, con gli astanti persino pagati con i pesanti dobloni di Totò-contribuente, ma mai nessuno che abbia l’istinto di alzarsi e di dire basta, così non si può continuare! Stringiamoci a coorte! Siam pronti alla morte! Ammettiamo le nostre colpe, paghiamo i nostri debiti e proviamo a parlare uno alla volta e uno fa il presidente e concede la parola a chi l’ha chiesta.

Wednesday, November 14, 2007

coop

“Eh già, Sacerno,” Borbotta l’infermiere con quell’aria da saputo che a volte è un po’ difficile da sopportare “ è un etimo dubbio, se si considera che nel tempo e fino al XVI secolo la località era chiamata San Chierno. Si tratterebbe invece, secondo la geniale, formidabile e probabilmente esatta intuizione del dott. Moreali, di un nome di origine celtica, "santificato", come tanti altri, per le esigenze del culto cristiano Chierno proverrebbe dal Kernunnos, il dio cornuto dei Celti, sovente associato sia al corso dei fiumi, sia all'asse o centro del mondo. Un poco più avanti sulla valle del Lavino c’è un’altra località che si chiama San Chierlo, un luogo in collina dominato da una chiesetta e da un cimiterino, quindi carne per lupi, carne abbondante! Carne di pecora! La singolare centralità di Sacerno appare allora tanto più significativa perché ben anteriore alla divisione dei triumviri, e quindi diversamente motivata. Ogni luogo sacro, "elevato", è infatti il centro del mondo, in particolare per i Celti che vi pongono una pietra, detta del cielo o del fulmine. Sarebbe una storia troppo lunga raccontare come attraverso il fulmine, la pietra, il luogo elevato e sacro, si arriva puntualmente al dio Kernunnos, secondo una radice che ritroviamo quasi identica negli italiani corno e corona.”
Ora mi viene una certa voglia di concupire la ragazzetta minorenne che ha pure qualche brufoletto nella fronte. Improvvisamente la afferro e la giro. Lei grida:
“Non posso ho le mie cose!”
“Furbetta!” Rispondo “Lo fai per darti arie di donna, ma sei una ragazzina.”
“Non sono russa! Sono lituana!” Sembra implorare lei.
Per un attimo mi fermo, anche se mi rendo conto che dal punto di vista fisico costei non sta opponendo nessuna resistenza.
“Non farmi così!” Continua a lamentarsi restando ferma e disponibile “Anch’io ho un papà e una mamma! Vivono in campagna con le galline e ho sette fratelli maschi. Loro mi rimproverano se vengo violentatata!”
Non resisto più e mi immergo in quegli anfratti senza protezione. Lei risponde subito con rumorosità eccessiva e anch’io non tardo a completare. Lei si divincola evitando il mio seme. Scatta un applauso di due o tre professioniste che intanto si erano introdotte fingendo indifferenza. Con sguardi e gesti efficaci si complimentano con la ragazzina, come fosse una parrucchiera che avesse per la prima volta tagliato i capelli ad un cliente.
L’infermiere intanto si è rivestito e guarda dalla finestra:
“Cazzo! C’è Cazzo Cazzaniga!”
“Cosa? Chi c’è?” Chiedo, mentre le ragazze si eclissano sussurrando e ridacchiando.
“Penso faccia il muratore. E’ un capomastro, una cosa del genere. Viveva nel mio quartiere: era un personaggio abbastanza tipico, non facile da collocare. Finiva sempre suo malgrado come protagonista di situazioni sempre ai limiti del crimine o della violenza, ma lui era un bravo ragazzo, il fatto è che veniva provocato. Per ovvie ragioni.”
(“Io non sopporto più la Coop Emilia-Veneto” si sente dire da una di quelle ragazze straniere “ha la fissa degli OGM come se fossero di per sé un problema. Se qualcosa fa male alla salute che venga ritirato dal mercato, ma può valere per gli OGM o non OGM. In realtà tutte le coltivazioni sono il risultato di selezioni genetiche artificiali. Poi non si capisce perché si debbono pagare i lavoratori delle aziende del terzo mondo secondo un presunto giusto stipendio stabilito qui a tavolino e non facendolo derivare dal contesto di mercato locale. E’ una turbativa senza senso, che come risultato rischia di creare una casta di privilegiati affiancati ad altri poveretti che vivono in baracche. Lo sviluppo dovrebbe essere graduale e proporzionato coi fattori ambientali. Noi stesse prostitute siamo coscienti che il prezzo standard di cinquanta euro è il frutto di condizioni di mercato sedimentate da anni. I miei risparmi li avevo alla Coop ma penso li ritirerò e li affiderò a qualche cliente bancario. Sono sicura che li investirà meglio. E poi se qualcosa andrà male almeno potrò ricattarlo.”)
Un po’ confuso mi rivolgo all’infermiere:
“Ma per Cazzaniga, “Cazzo” è un soprannome? Veramente originale e simpatico. Come stai, Cazzo?”
“No! E’ proprio il nome di battesimo! Durante l’infanzia si faceva chiamare Franco e le cose andarono benino. Poi alle medie qualcuno guardò nel registro di classe e fece delle fotocopie. All’inizio sembrava fosse un’errore di battitura e si rideva per quello. Ma poi venne fuori la verità.”
“Era il nome vero?”
“Sì, pare che il padre, che era un fervente cattolico, alla nascita del figlio per festeggiare si fece una bevuta colossale. Poi quando fu davanti all’Ufficiale dell’anagrafe si fece convincere a formulare un nominativo assonante. Era così poco abituato al turpiloquio che non fece caso al significato sconcio. L’Ufficiale pare fosse comunista e volesse fare uno scherzo al rivale demo-cristiano che firmò per il figlio il nome di “Cazzo Cazzaniga”, poi si sa che in Italia la burocrazia è impenetrabile, specie per la gente un po’ sprovveduta. Hanno rimediato chiamandolo in un altro modo, ma poi gli altarini sono stati scoperti.”
“Scendiamolo, femiamolo.” Dico “Sentiamo cosa ha da dire, come gli va la vita. Magari ci invita a casa sua e la moglie ci prepara anche un pranzetto. Male che vada una minestra in brodo.”
“Ok” Dice lui “Andiamo.”

Wednesday, November 07, 2007

l'obeso


Anch’io da parte mia devo isolarmi quel che basta dall’ambiente. Un tempo amavo il porno, ora sono riuscito a rendermelo indifferente. Quindi due persone che eseguono sesso mi sono indifferenti quel tanto che basta. Ma non sono castrato, anche se mi piacerebbe, quindi per starmene più tranquillo è d’uopo che con la mette sappia divagare.
Penso e ripenso al percorso fatto in precedenza, quando siamo passati dinanzi al cippo quadrilatero di Sacerno. "Affinché, non perisse la memoria di un tale luogo - così circa dice una delle iscrizioni - i Servi di Maria nel 1770, con l'approvazione unanime del Senato bolognese, hanno ricostruito più solido questo monumento, già disfatto quattro volte dall'inclemenza del tempo".Per tradizione qui fu diviso il mondo: Ottaviano, Antonio e Lepido si spartirono l’Impero. Pare avessero gli eserciti schierati, pare si siano perquisiti a vicenda, pare non fossero nemmeno qui ma più verso la pianura in un’isoletta sul Reno. Queste zone piatte e acquitrinose un tempo rivestivano una certa importanza esagerata. Per esempio il Rubicone, quello che Cesare superò destando tanta riprovazione, a sentire questo nome piuttosto evocativo, sarà parso a tutti gli studenti un fiume imponente, serio, solcato da correnti autoritarie e limacciose, insomma un corso d’acqua vicino al Danubio o al Guadalquivir, non certo il torrentello nel quale anche una gallina suicida farebbe fatica ad affogare. Allo stesso modo si fa una certa fatica ad immaginare i tre eserciti più agguerriti del pianeta fronteggiarsi in questi modesti campetti, che ora non si riesce ad adibire né all’agricoltura né all’abitabilità. Altri dubbi potrebbero sorgere dal concetto di centro. Si sa che ad Ottaviano toccò più o meno l’Europa, ad Antonio l’Asia e a Lepido l’Africa. Nell’Asia era compreso l’Egitto, nel quale Antonio successivamente troverà motivi di sollazzo spupazzandosi Cleopatra prima di inscenare uno dei suicidi più istrionici della storia. Ottaviano era il classico ragazzo raccomandato che si piglia sempre le fette migliori, quindi non sarà parso così terribile a Lepido, il tipico terzo incomodo, beccarsi l’Africa che allora consisteva nelle coste della Mauritania e della Numidia, cioè le attuali Tunisia, Algeria e Marocco. Per quanto a quei tempi la situazione fosse diversa dal punto di vista socio-economico è difficilile pensare che quella parte del mondo fosse particolarmente appetibile. Ma ancora più complicato è pensare come si possa considerare questo appezzamento di terreno appennino-padano come il centro geometrico di tre regioni una delle quali si trova così discosta, un po’ fuori mano. Comunque secondo la storia pare che un poco più tardi lepido sia stato. Per quanto esista una versione senz’altro più corretta secondo la quale nell’accordo di Bologna lepido avesse avuto la Gallia Narbonese e la Gallia, il fatto è che dopo la battaglia di Filippi durante la quale Antonio aveva lanciato la famosa frase “Quando non ci capisci nulla, allora è il momento di attaccare.” lanciandosi col suo cavallo nella mischia e lasciando Ottaviano, spocchioso e perplesso, a sedere su di una collinetta a rimirare la battaglia, dopo la battaglia Lepido fu pensionato nel Parco del Circeo, anche perché nel frattempo a Roma pare avesse tentato qualche turbata, tipo quella di imposessarsi della Sicilia. Robetta, bazzecole. Questa è la storia, una sequenza assurda di avvenimenti confusi e per nulla certi. Gente che in continuazione perde la testa al solo scopo di imposessarsi di un potere fantomatico, potere di far cosa non si sa. Di far casino, di tagliare teste, di raccomandare i propri parenti per i posti migliori.
Intanto il rapporto sessuale giunge ad un certo esito. I corpi che si erano congiunti ora se ne stanno inerti e incrociati. Le membra abbandonate, gli encefali ronzanti e privi di pensieri compiuti. Nella stanza entra una seconda meretrice piuttosto petulante, piuttosto moretta e piuttosto minorenne, che non trova di meglio che dire:
“ E’ stato bello stare qui fuori, nel parcheggio dell’ipermercato, al ritmo lampeggiante dei neon e delle decorazioni natalizie. Non si è fermato nessuno. Nessuno che vuole chiavare. E’ un peccato, non ci sono più i porcelli di una volta, cioè di sei mesi fa. Quei maialetti con gli occhini umidi che ti guardano di nascosto, mentre pensano che tu non te ne accorga. Ma quanto cazzo manca a Natale, che torno a casa da mia zia? Qui sembra già dicembre.. o suamo ancora a novembre? Manca solo la neve. E grazie.. stiamo a novembre. Le renne e la slitta, invece, ci sono già. Un tizio mi ha fatto un segno e poi ha parcheggiato. Rimango in piedi accanto alla macchina religiosamente parcheggiata dentro alle strisce blu. Nella mano sinistra ha un guinzaglio e alla fine del guinzaglio c’è più o meno un cane. Mi ha invitato dentro all’ipermercato e io ci sono andata. Attoniti e immobili entrambi, davanti alle prospettive verticali delle vetrine insopportabili e luminose. Poco sotto la loro superficie riesco a vedere il caos che sta in agguato in ogni cosa; vedo infinite potenzialità aggrovigliarsi per riuscire ad emergere. L’apparente normalità è in equilibrio precario in cima a un picco affilato di geometrie impazzite; tu vedi solo la punta di un iceberg di possibilità, lui vede la montagna di ghiaccio sommersa e trema dall’angoscia. Era un uomo che soffriva a causa della moglie, ma non aveva il coraggio di pagarmi in anticipo. Mi ha fatto discorsi strani mi ha detto che da qualche parte, a pochi attimi da qui, quel posto si sarebbe spezzato sotto i colpi delle granate. Le vetrate sarebbero esplose verso l’esterno e le schegge avrebbero allagato il parcheggio come foglie morte mosse dal vento. La prima fila di auto si sarebbe rovesciata, la seconda si incendiata. Armi automatiche avrebbero spazzato la facciata e strappato grossi pezzi di neon che continuando ad abbagliare mentre si sarebbero attorcigliati scivolando verso il basso. I traccianti, eleganti nello loro silenziose traiettorie, avrebbero disegnato arabeschi nel cemento armato aprendo la strada ai blindati. Grossi corpi grigioverdi dopo qualche minuto sarebbero passati agilmente sopra alla fila dei motorini riempiendo le corsie del supermercato con un fracasso infernale e si sarebbe sentito solo il battito irregolare dei loro cuori vegetali.”
Tale ragazzetta sembrava essere uscita da un armadio, rivelatosi una porticina di servizio solo ad esame più attento. Dall’altra parte si riesce a intravedere un grande obeso sparapanzato supino su di un letto. Il capo è coperto dal ventre monumentale. Non sembrerebbe morto solo per il fatto, in questo caso piuttosto secondario, che respira, e che permette di sospettare uno stato di coma anche non profondo, magari di tipo diabetico e non ictale. Io e l’infermiere ci guardiamo sbigottiti. Vorremmo che il nostro amico fosse qui a sentire.
Ma anche l’albanese bionda ha qualcosa da dire. Parla con un tono come se rispondesse alla sua amica, anche se il nesso non appare immediato:

”Oggi quando mi sono svegliata a Bologna c'era il sole, almeno per quei pochi minuti in cui ho voluto spiare fuori dalla finestra. Prima di uscire in strada mi sono messa in una chat mi sono ritrovata con un certo Rimbaud ad autoanalizzarmi. Sembra fosse un impiegato al lavoro. Lui è uno di quelli che conosci per caso (come è stato) che però ha quel non so che.Ti parla in un modo in cui è difficile stargli dietro e ci sono momenti in cui vorresti seriamente sputargli in faccia (è rozzo e inefficace come comunicatore). Gli ho confessato il mio stato di inquietudine, di confusione. Ho cercato di irretirlo chiedendogli dei soldi per la prestazione sessuale, ma ha fatto finta di non capire oppure non ha capito affatto, credeva che fosse un giochetto via internet, o forse credeva che io fossi un uomo col nome da donna. Il punto è che ORA dopo tante strane situazioni ho deciso che, se voglio sbattere la testa contro qualcosa di impossibile, beh, deve essere un muro vero, fatto di mattoni. Voglio toccarmi la fronte e vedere sangue sulle mie dita. Voglio innamorarmi di una mente, non di un corpo e non voglio qualcuno che dimostri forza, che mostri i genitali in maniera verbale, per esempio vantando ricchezza materiale. Cerco una persona umile e ingenua, voglio amore e protezione vera. La strada è fatta per la prostituzione, in internet voglio cercare l’amore assoluto. Sbattere la testa contro uno schermo del computer è maledettamente difficile e irritante. Rimbaud non sa chi sono, e bè, nemmeno io. Oggi però lui si è fatto sentire nella mia testa. Din don! Din don! Non ha smesso di violentarmi insistentemente i pensieri. Presenziava come un boogeyman. Io lo percepivo con ambiguità emotiva, come se ce l'avessi con lui, eppure è stato così diretto e sincero, seppure ingenuo. Il fatto che quando facevo allusioni sessuali lui non abboccava e invece quando parlavo di argomenti banali, di attualità, per esempio il tema dei mutui inevasi, lui pensava che mi stessi offrendo in maniera gratuita. Se lo ritrovo on-line penso che approfondirò la relazione. Evviva.”
Di nuovo scambio diversi sguardi col nudo infermiere che scruta protetto da un cuscino. Oh, se il nostro amico fosse qui ad ascoltare queste sublimi parole che forse si disperderanno nell’etere e saranno dimenticate, si disgregheranno come i cippi di divisione dell’Impero! Oh, e se Syd Barrett non fosse impazzito e pure morto, chissà di quante tonnellate di psichedelica sarebbero pieni gli MP3!

Tuesday, November 06, 2007

ENRICO TUBOZZO


Poco dopo la scena dell’interrogatorio del reietto l’infermiere ha sentito la necessità di recarsi da una prostituta e ha insistito assai perché lo accompagnassi. L’infermiere, al contrario del mio amico, è in fase di disintossicazione. Assume metadone 20 milligrammi e per questo pare debba convogliare verso lo sfogo sessuale solo ad orari fissi. Ci siamo recati in una zona piuttosto infestata dalle puttanelle, alcune delle quali ai limiti dei diciotto anni.
“Te ne intendi di ninfette?” Mi ha chiesto lui.
“Non molto.”
“Io le riconosco abbastanza bene a pelle. Se hai problemi in questo senso fai caso alle gambe estremamente scaltre e poi non hanno mai l’acne, né pinguetudini flaccide, attenzioni al flaccide perché in realtà alcune sono un po’ grassoccie.”
“Oh”
Poi ha preso a parlare del suo lavoro. Apriti cielo.
“Il fatto” dice lui “è che nei telefilm americani quando suona il telefono c’è una centralinista che risponde e poi chiama l’interessato con l’altoparlante, invece da noi una telefonata penetra nelle stanze e chi risponde è fregato. Ci sono vecchiette sperdute che descrivono sintomi propri, del marito, della sorella o di chissà chi e non capiscono alcuna risposta perché pure sono abbastanza sorde. Vanno avanti indefesse a parlare, si dilungano in particolari narcisistici, insinuano accuse alla nuora, alla sorellastra o a una certa Gina non meglio identificata. Poi c’è la penetrazione del campanello. Ogni malato ce l’ha. Una forma di potere inaudita che forse nessuno di loro ha mai posseduto nella vita. La possibilità a comando di far scattare un atro essere umano. Ovvio che il campanello è una forma di richiamo aspecifico. Uno può chiamare perché il vicino di letto sta morendo oppure perché si è dimenticato di dire che non ha preso la pur ghetta per andar di corpo per compiere la defecazione quotidiana o bi-tri-giornaliera. Poi ce l’hanno tutti, anche i maleducati e i prepotenti hanno il loro campanello, anche gli anziani più confusi, ai quali sono rimasti solo i fasci neuronali primari, quelli che spingono il neonato a chiamare “mamma!”. Ma poi ci sono altri casini, la convivenza sincrona di decine di soggetti: medici, infermieri, ausiliari, addetti alle pulizie, pazienti, parenti tutti concentrati in un unico scopo: passare a qualcun altro le proprie mansioni se non le proprie responsabilità o almeno la parte più noiosa. Non c’è medico che entri in un ambiente e non chieda a chi sta intorno: dove è la tal cartella? La eventualità di cercarla da solo non è minimamente presa in considerazione. Poi gli anziani sono anziani, più invecchiano più diventano egoisti. La buona educazione è un fatto complesso, come è un fatto complesso l’empatia, la possibilità di mettersi nei panni degli altri. Man mano che il cervello si indebolisce questa funzione viene meno e la creatura vivente tende a concentrarsi sempre di più sui propri bisogni elementari.”
“Mangiare, cagare…” Interloquisco.
“Sì particolarmente la seconda, anche se secondo Freud la fase orale sarebbe antecedente e quindi più elementare. Forse i centri encefalici della fame si indeboliscono e la vera passione, a volte erotica, diventa l’espulsione di fecalomi.”
“Ci credo che sia erotica.” Gli dico con finalità di incoraggiamento. “E’ l’ultima chance per stimolare le regioni aureee. Una pisciatine, se pur accompagnata da un po’ di bruciore può essere stimolante. Io non ho mai goduto tanto come quando avevo un fungo perineale, compreso lo scroto e le pieghe pubiche. Al culmine erano tutti orgasmi, poi a forza di grattare interveniva una certa sofferenza. Il bilancio comunque era positivo.”
Ora lo osservo. Arranca un poco, ha le occhiaie profonde e gli occhi umidi. Lo sguardo è sfuggente. Questi pensieri lo hanno turbato. Si riprenderà nell’atto di sfottere. E’ una brava persona, uno che ha perso diversi ideali ma ha mantenuto una certa integrità morale. Gli si potrebbe comprare anche un’auto usata. Ora siamo dalle parti di Sacerno. Stiamo percorrendo una ziona brulla, un campo abbandonato denso di forme vegetali arbustiformi e pieno di roba lercia. Bamboline decapitate, stracci neri, palloni sgonfi, cavi elettrici aggrovigliati che qualcuno ha tentato di sciogliere, una scarpa da tennis numero 38, grumi di stelle filanti usati nell’ultima notte di Halloween. Poco distante si intravede il corpo di una squatter veronese uccisa senza violenza carnale e abbandonata lì non meno di due settimane prima. Anche se non si può escludere la morte accidentale dovuta a pneumonia un esame più attento rivela che trattasi di semplice cappotto scuro privo di contenuto umano, avvoltolato in modo ingannevole in modo che sembrasse una povera vittima.
Tale illusione ci spinge ad imbastire un discorso sulla sfortunata signora appena uccisa da un antipatico immigrato rumeno. L’infermiere propone la sua interpretazione:
“Per quanto non si possa in nessun modo concordare con un omicidio, come al solito si notano alcune cosette che non vanno. La prima è la netta materializzazione della schema murdered da anni paventato da decine di casalinghe preoccupate. Viene colpita una donna indifesa che era appena stata a fare shopping dal classico bruttone puzzone zingaro.”
“La donna si è difesa con l’ombrello.” Insinuo.
“Già, e non pare abbia subito violenza carnale. Ipotizziamo solo un attimo che la donna abbia solo un poco esagerato prendendo il sopravvento sull’ubriaco e pestandolo a più riprese con l’ombrello mentre questo se ne stava a terra a difendersi con le braccia.”
“In questo caso sarebbe legittima difesa.”
“Bè non proprio, ma il contesto sarebbe diverso. Ad un certo punto a forza di pigliarle il tipaccio si sarebbe ribellato e avrebbe inferto un paio di colpi segreti e mortali.”
“Dopodiché sj sarebbe preso la borsa della donna. A quel punto non cambiava molto.”
L’infermiere si accarezza il mento e si stropiccia le labbra. Guarda attentamente per terra per evitare di pestare alcuni piccioni morti.
“Il fatto” dice “è che non ci si capisce molto con questo fatto dell’immigrazione. I crimini sono o no in aumento? Credo di no. Sono in aumento al netto dell’aumento della popolazione dovuta alle maggiori presenze in Italia?”
Da un punto indecifrato intanto si alza in volo uno stormo di uccelli piuttosto scuretti, tipo corvi, o forse fagiani imbastarditi e non del tutto sani. Da lontanissimo un uomo anziano inveisce non si sa se contro di noi o contro i volatili.
“Comunque” dice l’infermiere “sono dieci anni che si sente dire questa cosa che gli stranieri dovrebbero tornare tutti al loro paese, ma il fatto è che a dirlo sono persone che non sembrano bene avviate verso attività tipo pulire gli ospedali, badare anziani insopportabili oppure avvitare bulloni in qualche zona artigianale in periferia. Non si capisce bene cosa si debba fare. Chi non ha lavoro se ne deve andare. Va bene. Questa è la legge. E’ logica, ma si sa che possono essere beccati lavoratori in nero che producono ricchezza per tutti. Basterebbe fermare un autobus alla mattina alle sette e se ne beccherebbero più di uno. Metà in regola e metà no. Così si può dirottare l’autobus direttamente verso la Bulgaria o qualche altro paese in bilico tra l’Unione Europea e l’Impero Persiano.”
Giungiamo proprio in questo momento dinanzi a una strana colonnetta di mattoni che in altre epoche avrebbe rappresentato il confine tra Occidente e resto del mondo. Proprio qui a Sacerno, tra questi brulli campi infestati dalla prostituzione e dalla tossicodipendenza.
“Ognuno dovrebbe eseguire il proprio compito con maggiore abnegazione” Dice l’infermiere. Frase apparentemente poco sensata, abbastanza tipica del soggetto, specialmente ora che pare mancare di qualche debita soddisfazione sessuale, essendo l’ultimo stropicciamento dei corpuscoli del Krause troppo remoto nel tempo.
Ma ecco che viene avvistata la passeggiatrice. Bionda col sopracciglio scuro e il pube rasato per impedire qualsiasi soluzione del problema del pigmento pilifero. Minigonna in pelle nera e camicetta rossa, reggiseno rinforzato quindi seni piccoli forse persino sgonfi. Aria da roditrice, sorriso espressivo, scarsa spinta professionale, interesse umano nello spiare nel profondo degli occhi oltre il velo dell’apparenza.
L’infermiere tiene molto al luogo e si accerta della disponibilità della camera. Tutto bene. Si può andare. Si viene a sapere che la donna è albanese, si rammarica dei cinque secoli di dominio dell’Impero Ottomano, ma si vanta del fatto che ognuno e tutti due giorni dopo la liberazione del 1912 abbiano dimenticato la lingua turca. Viene citata Madre Teresa e Pirro, Re dell’Epiro. Rifiuta di rivelare la propria religione, se cattolica, ortodossa o persino islamica.
Giungiamo all’albergo non privo di moquettes e di abat-jour a muro, sopracoperte intonate con un potente tendaggio rosso vermiglio, puzzone e pesante, quasi inamovibile. La luce complessiva, al netto di un lampadario che doveva essere a gocce e che tuttora lo è sebbene ne siano rimaste solo sette, quanto basta per equilibrarne lo scheletro, sarebbe insufficiente per leggere un libro con caratteri minori del 12. Fuori sono le quattro del pomeriggio, ma no sembra possibile in nessun modo poter approfittare della luce naturale, tanto è solido lo sbarramento delle finestre. Al muro i soliti quadri con paesaggi terrificanti: burroni sugli inferi, tempeste apocalittiche, mari agitati con ondate oceaniche. Un po’ più spostato alcuni ritratti erotici: donne mature stravaccate in posizioni impossibili da reggere oltre i trenta secondi, con il sesso aperto in maniera innaturale e oscena, le mammelle convesse, i volti stralunati con l’occhio assente, il naso semitico, la bocca stuprata e sospetta di carenze dentarie, sia di natura numerica che igienica.
Scatta una discussione piuttosto fiacca. Prima la donna albanese, priva di accento nazionale, aveva posto il problema della mia presenza. Ad alcune non piace che vi sia un accompagnatore che non consuma. Preferiscono che egli sia almeno un poco feticista oppure onanista, insomma che partecipi al banchetto. Ma il mio ruolo di semplice accompagnatore diplomatico viene accettato sebbene venga ricordato un episodio increscioso di qualche anno prima:
“Allora ero in Germania.” Dice la brava prostituta “Ci appartammo nell’androne di un condominio. Non era il massimo, ma ero giovane e accettavo di tutto. Ad un certo punto quei due pancioni si misero a litigare. Avevano l’addome sporgente e molto duro, erano abbastanza giovani e non si erano ancora sfasciati a forza di birre.”
“Ma forse si contendevano il diritto di possederti.” Avanzo quest’ipotesi.
“No, niente affatto. Litigavano per gli affari loro. Faccende di guerra, anche se erano troppo giovani per aver partecipato alla seconda guerra mondiale. Penso discutessero se una volta rotta la linea Gustav fosse più opportuno andarsi a trincerare dietro la linea Gotica oppure persino appostarsi nei pressi delle alpi a difesa del territorio germanico.”
“Accidenti, in questo caso le nostre truppe Repubblichine sarebbero state cucinate dai Partigiani…” Dice l’infermiere.
“Insomma” dice lei infine “hanno cominciato a lottare dandosi colpi abbastanza precisi, specialmente pugni e gomitate sullo sterno, colpi capaci di provocare arresto cardiaco. Poi uno è montato sopra all’altro e diceva: ti strangozzo! Lo diceva proprio così, in italiano.”
“Italiano dialettale.” Preciso
Ora la donna si è già denudata e siede sul letto un po’ incurvata in avanti, come previsto non ha seni stupendi che nasconde un poco coi bicipiti. Le gambe sono belle dritte, un poco pingui, ma mi piacciono, mi fanno voglia.
Con l’infermiere si mettono a parlare di altre vicende. Dice l’infermiere:

“Negli ultimi tempi purtroppo si sta diffondendo nel mondo del bobybuilding, un nuovo tipo di anabolizzante che produce sui muscoli degli effetti a dir poco sconcertanti.
Tale sostanza, di nome Synthol, è un composto formato essenzialmente da olio, anche se non è un unguento. Utilizzando tale robaccia iniettandola nel tessuto muscolare, si viene a creare un rigonfiamento dovuto alla reazione del nostro corpo a questa schifezza. Visto l'effetto del synthol dura vari anni, in tale tempo, il nostro muscolo costruisce al suo posto tessuti cicatrizzati ( e non fibre muscolari muscolo) che vanno inutilmente ad accrescere il volume della nostra muscolatura.”
La brava donna conferma tali asserzioni:
“Molte ragazze rumene povere lo usavano per farsi il seno. In pratica le loro tette erano enormemente più grosse, ma non più forti poichè in realtà non abbiamo neanche un centimetro di vero muscolo o di ghiandola in più. Inoltre l'accrescimento avviene un pò casualmente, generando delle vere e proprie mostruosità, facendoci apparire deformati i petti di quelle signore. Gli estimatori erano pochi, anche se pagavano parecchio, ma i giovani spesso fuggivano urlando e raccontavano tutto a scuola.”
L’infermiere ora prosegue con la sua insopportabile ara pedagogica, nessuno direbbe che è un soggetto in piena disintossicazione col metadone e che frequenta un tipo strafatto, sconvolto, il nostro comune amico:
“Tale sostanza poi, ha tantissimi effetti collaterali, e può provocare trombosi, embolie, cisti cancerose e se per errore o per terrore viene iniettata in una vena, può condurre immediatamente alla più atroci delle morti, che segue a barbariche visioni dei momenti più bui dell’umanità. Scene tipo le voragini di quei quadri zeppe di popolazioni che vanno incontro al genocidio vestite solo di stracci, sotto gli sguardi maligni di frati domenicani alcuni con la coda da demone. Portavoce di questo anabolizzante un certo Zak-ur Esteban-Esteban, ma sono tantissimi culturisti che lo utilizzano solo per migliorare piccoli difetti estetici, come una carenza di un muscolo particolare. Si sta diffondendo anche l’esecrabile moda di costruirsi dei cornetti sulla fronte o dei piccoli, o non tanto piccoli falli a livello inguinale. Una grossa schiera di "culturisti", lo utilizza, con risultati che sono davvero vomitevoli in termini estetici. Uno tra tutti, Gregg Valentino, grazie all'utilizzo del synthol, è riuscito ad ottenere le braccia più grandi al mondo. Ben 80 centimetri. A vederlo però, fa davvero impressione, ci si sente strizzare il duodeno e i liquidi intestinali corrono impazziti su è giù per l’intestino crasso provocando volentieri incidenti diplomatici. I suoi "muscoli", sono irreali, sembrano palloni attaccati sotto pelle. E la cosa che veramente fa riflettere è che la forma del muscolo rimane la stessa anche se non si è in contrazione e questo perché è come se ci fossero delle protesi all'interno dei muscoli. Tutto ciò mi fa soffrire, vi giuro, mi fa soffrire immensamente, perché ci vedo tutta una deriva dell’umanità che non so se riusciremo a fermare, così come il global warming.”
“ Eh già” dice lei “Non capisco perché l'ora legale non la tengono tutto l'anno. Ormai si passa direttamente dal cappotto alle mezze maniche.”
Restiamo un attimo interdetti. Io oso dire:
“Il male ha chi lo comporta, ma il bene non v'è chi lo sopporta”
L’infermiere si avvicina finalmente alla sua preda, che con mossa singola e repentina gli infila il preservativo. Poi cominciano in qualche modo ad avvinghiarsi e a ruzzolare. Io mi metto in poltrona e mi do un contegno osservandomi le unghie. Le ultime parole comprensibili dell’infermiere sono:
“Cercando delle immagini in giro sul web, potrete vedere che chi utilizza tale anabolizzante, è deforme; cioè i suoi muscoli sono irreali, e brutti a vedersi.”
Io mi distraggo un po’ pensando ai miei difetti, alla mia tendenza a picchiare coloro che passano davanti alle file di pedoni e al vizio di superare con manovre estreme e pericolose le file automobilistiche, a volte usando la corsia d’emergenza, altre volte inventandomi inversioni assurde o sorpassi temerari. Del resto non ho mai fatto un incidente mortale. No, non ho mai provocato un incidente tout-court. Intanto i due sono in una buona fase lei lo implora di venire, io le osservo le simpatiche cosciotte un po’ flaccide ma più che dignitose, femminili e sexy. Lui, il porco, si sta trattenendo e per farlo emette versi atroci. Per rimandare l’orgasmo si disieccita gridando il nome di un nostro amico maschio di Verona assai brutto e scarso in sex-appeal: Enrico Tubozzo! Enrico Tubozzo! Enrico Tubozzo!